Fenomenologia come stile. Declinazioni del metodo fenomenologico in Italia e in Francia

Giovedì 4 maggio, nella cornice del Collegio Ghislieri di Pavia, ha avuto luogo la giornata di studi Fenomenologia come stile: Declinazioni del metodo fenomenologico in Italia e in Francia. Tale iniziativa è stata resa possibile grazie al finanziamento dell’Institut Français e dell’Ambasciata di Francia in Italia, che hanno indetto un bando per dottorandi italiani finalizzato a sostenere l’organizzazione di giornate di studi italo-francesi e a favorire così le relazioni tra giovani ricercatori, centri di ricerca e università italiane e francesi.

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Luigi Rognoni (1913-1986): fenomenologia della musica radicale

Tra i membri della Scuola fenomenologica di Milano non va dimenticata la figura del musicologo Luigi Rognoni, discepolo di Antonio Banfi e co-fondatore, insieme con Enzo Paci, della rivista “aut aut”, del cui Comitato di Direzione rimase membro onorario sino alla morte.

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Italian Philosophe (and Philosophers) in Leuven

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On September 1, 2016 I entered my office at KU Leuven for the first time. I was starting a 3-year scholarship, which is now half-way over. I was still struggling to turn on my computer, when an old professor (whom I now really love) stormed in, and briskly asked me who I was. When I said my name, he immediately added: “And where are you from?” Eventually, the conclusion of his syllogism was quite natural: “Italy, again!!!” The old professor was right. The number of Italians at the Institute of Philosophy (and in Leuven, in general) is quickly growing. Not just students in Erasmus, but also Ph.D. candidates and young researchers, like myself. At least 90% of the prejudices regarding Italians are actually right. We are clearly louder than other people, we like to hang around, and to speak our language, even in the presence of foreigners who are normally too polite to interrupt us and re-establish the Koine English. Personally, I’ve always sincerely loathed all these habits. On holidays, I’m the one who pretends to be from somewhere else, every time I stumble upon flocks of Italian tourists who are looking for the closest pizzeria. This did not prevent me, however, from pinpointing in record time the best pizza in Leuven (it’s ‘Mangia e Via’, in the Parkstraat), and to get friendly with the owner, who 50 years before me also emigrated. By the way, both his sons are lecturers at KU Leuven.

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Piero Martinetti: sul ruolo della filosofia “nell’ora presente”

 

Piero Martinetti, Il compito della filosofia nell’ora presente. Milano: Bertieri e Vanzetti, 1920.

Il compito della filosofia nell’ora presente esce, come opuscolo, nel 1920 per i tipi di Bertieri e Vanzetti. Nell’immagine è visibile la prima pagina della seconda edizione del testo, apparsa nel 1926 all’interno della silloge Saggi e discorsi, raccolta di lavori martinettiani di varia natura ed epoca (La funzione religiosa della filosofia 1907-La filosofia religiosa dell’hegelianismo 1925).

Il saggio martinettiano intitolato “Il compito della filosofia nell’ora presente”, del quale ci accingiamo a presentare alcune tematiche emergenti, risulta costituito da una serie di tre conferenze tenute dall’autore a Milano nel 1920 e può essere considerato come una sorta di piccolo manifesto. Da un lato per le implicazioni metafisiche in esso contenute, tali da permetterci di penetrare, seppure superficialmente, all’interno di temi che risultano centrali nel contesto della speculazione del filosofo canavesano, e, dall’altro, per la chiara e ben delineata visione dello statuto e del ruolo della filosofia che queste pagine restituiscono. In particolare – possiamo rilevarlo immediatamente – la lettura di questo testo fornisce un’immagine della riflessione di Martinetti sulla società e la funzione  dell’intellettuale in essa, piuttosto differente da quella veicolata da una certa lettura standardizzata (basata soprattutto sull’ultima corrispondenza): Martinetti come un pensatore solitario, isolato e ben poco interessato al contesto politico ed al destino della società. Egli appare qui, al contrario, seriamente impegnato nell’analisi dei problemi e delle cause implicate nella crisi socio-economica dell’Italia e dell’Europa postbelliche.

Uno dei primi elementi da sottolineare di questa trattazione è il fatto che Martinetti, come conseguenza della propria visione idealista trascendente e contro alcune analisi troppo semplicistiche, riconduca le cause dei “mutamenti esteriori”, non primariamente alle condizioni economico-politiche, ma allo stato di profonda crisi morale in cui versa l’intera società. In questo senso, il declino dell'”organismo sociale” non è da imputarsi alla corruzione di una sua singola parte o al malfunzionamento di una sua funzione specifica, piuttosto alla drammatica mancanza di un rinnovamento spirituale e religioso che lo pervada interamente ed intimamente. In altre parole, per Martinetti, il fulcro del problema non sta nei singoli componenti ma nelle “energie ideali che costituiscono la realtà più profonda dell’ordine sociale”.

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Guido D. Neri – Immagini del “dopo”. Mondo naturale, Europa, cosmopolitismo

[Materiali di Estetica, N. 3,1, 2016, pp. 119-122. Riprodotto per gentile concessione dell’autore]

1. Riprendo il titolo da un saggio di Guido Neri del 1982 e lo sviluppo in movenze, finalità e contenuti man mano personali e responsabilmente personali. È la mia scelta di dire qualcosa a chi mi ascolta prendendo le mosse da pagine di Guido e quindi da un dichiarato debito che certo non finisce qui così, anche perché è nato da un incontro di cinquanta (e più) anni fa.
Il saggio è del 1982 e “dopo” stava a indicare le prospettive della Polonia “dopo” (ossia successivamente, in conseguenza di…) le convulsioni e repressioni e normalizzazioni degli anni Sessanta e Settanta nell’Est – e specificamente nella Polonia di Solidarność e del “socialismo stratificato” (per riprendere un altro titolo di Neri, del 1974).
Ma vi è anche un altro “dopo”, per Neri – ed è quando le normalizzazioni e le tentate ristrutturazioni nell’URSS di Gorbaciov non reggono e si dissolve l’intero mondo dell’Est o del socialismo che si era autocertificato come “realizzato”.

Prendiamo allora proprio lo scritto ultimo, “quegli appunti di una conferenza che Guido non poté tenere”, La fenomenologia (Cfr. per questa e le precedenti citazioni G.D. Neri, Il sensibile la storia l’arte. Scritti 1957-2001, ombre corte, Verona 2003, in particolare pp. 171-183. Si veda soprattutto L. Fausti, Guido Davide Neri tra scepsi e storia. Un percorso filosofico, Unicopli, Mi- lano 2010, p. 122-124).

 

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History & Praxis: Antonio Banfi and the Milanese School of Phenomenology

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[Paper presented by Francesco Tava at the 2016 Annual Conference of the British Society for Phenomenology. Manchester, 2-4 September]

Let me say by way of introduction that rather than talking of the future of phenomenology this paper will tackle phenomenology’s past. More precisely, what I am going to deal with is a secondary and often neglected chapter in the history of phenomenology that for many reasons is still meaningful today, in light of the most recent trends of phenomenological research. The reason why I decided to focus on the contribution of Milanese philosophers, and especially of Antonio Banfi, to the development of phenomenology, is due to the project of a philosophy blog that I have recently started, together with a group of collaborators in Italy and abroad.

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